Un mare di guai
Pandemia di plastica
Un recente articolo pubblicato da The Economist affronta il tema dell’impatto ambientale dell’emergenza sanitaria generata dal Covid-19, una vera “pandemia di plastica”.
L’incremento nella produzione e nell’uso di mascherine chirurgiche e guanti in lattice ha prodotto effetti nefasti sul nostro ambiente. Abbiamo già documentato in un altro articolo il lavoro di Gary Strokes sull’isola di Soko. Il cofondatore di Ocean Asia rilevò un incremento impressionante di mascherine in tnt sulle spiagge e nei mari dell’isola.
Il consumo di plastica monouso è cresciuto del 250-300% in America e gran parte di tale aumento è dovuto alla domanda di mascherine, visiere e guanti. Secondo una previsione di Grand View Research, il mercato globale delle maschere monouso passerà da 800 milioni di dollari stimati nel 2019 a 166 miliardi di dollari nel 2020.
L’amianto dei mari e le diseguaglianze ambientali
In merito alla pandemia di plastica Dan Parsons, direttore dell’Istituto Energia e Ambiente dell’Università di Hull, ha dichiarato che “I nanomateriali di plastica rilasciati nell’ambiente potrebbero essere l’amianto dei mari”.
L’inquinamento da plastiche colpirà in maniera esponenzialmente superiore i paesi più poveri, nei quali i rifiuti finiranno in discarica o negli inceneritori. “Nei paesi a basso reddito, il 93% dei rifiuti finisce in discariche aperte”, afferma Inger Andersen, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. “E dove ci sono inceneritori, tendono ad essere di bassa qualità. Anche nei paesi ricchi, i poveri hanno maggiori probabilità di vivere più vicino alle strutture che si occupano di immondizia”.
Gli imprevedibili effetti sul clima
Quello che è più difficile da rilevare sono, secondo le preoccupazioni espresse nell’articolo, gli imprevedibili effetti di lungo periodo sul clima di questa pandemia di plastica.
All’incremento del consumo di plastica per i dispositivi di protezione individuale si è accompagnato un generico incremento di consumo della plastica di bassa qualità. Queste plastiche, utilizzare per il packaging dei suddetti prodotti, non sono riciclabili e finiscono dunque bruciate o in discarica.
Inoltre si è riscontrato un peggioramento generalizzato nella qualità di raccolta e trattamento di queste plastiche. La pandemia ha prodotto infatti l’effetto di mettere in secondo piano altri aspetti della quotidianità, come l’attenzione da porre al corretto conferimento dei rifiuti.
Il risultato di questa combinazione di eventi lo vedremo nei prossimi anni. Il Covid-19 ha prodotto sofferenza nelle famiglie e danni economici in tutto il mondo, ma i suoi effetti sul pianeta rimarranno nelle discariche e negli oceani del mondo per molto tempo.
Il nostro ruolo nell’agire con responsabilità
La sensibilità ambientale diffusasi progressivamente nell’occidente industrializzato negli ultimi trent’anni in questo periodo ha toccato i minimi storici.
L’impegno nel ridurre, riusare e riciclare non deve avere battute d’arresto, perché dai nostri comportamenti dipende la salute dell’ambiente e quindi la nostra salute.
Il progetto Mascherine Italiane rappresenta un impegno anche su questo fronte. La responsabilità sociale d’impresa è il principio su cui si basa il nostro fare impresa.
Riconoscere il valore del lavoro, garantendo i diritti e la giusta retribuzione al lavoro di tutti.
Agire rispettando la collettività in cui si opera, nel rispetto delle normative vigenti, generando ricchezza e contribuendo alla fiscalità generale.
Rispettare l’ambiente, producendo beni sostenibili, cioè durevoli, riutilizzabili e riciclabili, che riducono i consumi e minimizzano l’impatto sugli ecosistemi.